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Rimane a mezz’aria.
Questo cucchiaino di zucchero
danza in un andirivieni
tra la tazzina fumante e la zuccheriera.
Ne ho perso il conto
nella sterminata distrazione di un attimo.
Restiamo sospesi
io
il cucchiaino
il conteggio.

L’orologio alle mie spalle
martella
sull’afa di questo dopopranzo
il ritmo di un impercettibile
carica
che invita alla riscossa
le mie volontà piegate.

C’è un filo metallico
che unisce tutto il mondo
che dispiega queste mie parole erranti
che conduce il suono di ogni singola sillaba
ma non concepisce il silenzio
come spazio vero
e non congiunge questi miei occhi
alla loro collocazione
naturale
e
necessaria
nell’istante esatto
che intercorre
tra il primo
e il secondo
cucchiaino
di zucchero.

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Sorella mia
il mondo non conosce
e  non capisce
le nostre giovani promesse,
che il sangue mischiato
diventa sacro e indivisibile
e
all’alba di una notte insonne
ci ha parlato
fischiandoci nelle orecchie
fino a scoppiarci dentro
in una risata lunga
quanto il nostro tempo.
Spalla a spalla.
In lunghi cappotti di pelle nera.
Giustizieri di piccole ali spezzate.
Vagabondi quanto basta.
Abitanti dei tetti,
al cospetto delle montagne più belle
e delle stelle più belle,
abbiamo sussurrato
al gigante che dorme
ogni segreto.
Insieme.